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“Le coppie di letterati sono una peste” scrisse Elsa ad un’amica, condensando in queste poche parole il rapporto tumultuoso, complesso e tormentato che aveva unito lei e Alberto. Un legame difficile, fatto di due animi ingombranti e diversi, ma che è passato alla storia, tanto da influenzarne la letteratura italiana del 900. L’amore letterario tra Morante e Moravia è, infatti, una delle storie più appassionanti da scoprire.
Questi due giganti della penna, “le due M” o “MoranteMoravia”, come li chiamavano indissolubilmente, non si sono conosciuti per caso. Elsa Morante proveniva da una famiglia piuttosto povera, tanto che, pur appassionata e dotata per la scrittura fin da piccola, a causa delle ristrettezze economiche non aveva potuto concludere la laurea in Lettere. Tuttavia era indipendente, ed era per questo andata a vivere da sola, scrivendo tesi altrui e pubblicando su vari periodici racconti per bambini. Così la ricorda Moravia, quando la conobbe a 24 anni:
Viveva sola e moriva letteralmente di fame. E anche di solitudine: mi disse che un giorno, per sentire una voce umana, fece il numero di telefono che dava le ore. Era letteratissima. Aveva i capelli bianchi fin da adolescente, un gran fungo su una faccia rotonda. Era molto miope, aveva occhi belli con lo sguardo trasognato dei miopi. Aveva il naso piccolo e la bocca grande, capricciosa. Una faccia un po’ infantile!
Elsa dunque leggeva un sacco, e aveva letto anche “Gli indifferenti”, opera composta a soli 18 anni da Alberto, che aveva sconvolto positivamente la critica, facendolo diventare, giovanissimo, uno degli scrittori più conosciuti e più promettenti del panorama letterario romano dell’epoca. Fu per questo che chiese al pittore Giuseppe Capogrossi, un amico che avevano in comune, di organizzare un appuntamento per farli incontrare, e al quale arrivò in ritardo per il timore dell’incontro con quest’uomo che ammirava. Invece lui la trovò subito interessante, e da quella sera stessa intrecciarono una relazione. Alberto dirà: “Ero affascinato da qualcosa di straziante e di passionale che c’era nel suo carattere. Pareva che ogni giorno della sua vita fosse l’ultimo prima della morte”, un mondo passionale molto distante da quello metodico e razionale che contraddistingueva Moravia.
Cinque anni dopo, nel 1941, si sposarono. Gli anni successivi al matrimonio tuttavia non furono tranquilli: Alberto era antifascista e di origine ebrea, e perciò ricercato dal regime; così la coppia, messa alle strette, decise di fuggire da un conoscente a Napoli. Sfortunatamente, il convoglio del treno dove viaggiavano venne bombardato, e, in fretta, con le valigie sulla testa, si rifugiarono in una casa di un pastore di Fondi, nella Ciociaria, dove vissero nascosti per nove mesi. Un periodo difficile, ma che vissero lo stesso gioiosamente, con l’entusiasmo della giovinezza, come emerge dalle memorie di Moravia:
Con tutte le paure che avevamo, fu uno dei momenti più felici della mia vita. Stavamo in una capanna con un letto di tavole e sopra un pagliericcio di pannocchie. La coperta era un ferraiuolo da contadino. Faceva talmente freddo che l’acqua del pozzo era sempre ghiacciata. Ogni mattina Elsa se ne rovesciava un secchio sulla testa; io mi limitavo a farlo una volta alla settimana e sembrava anche troppo.
Da questa esperienza Morante trarrà poi il capolavoro “La Storia” e Moravia “La Ciociara”, ispirati alle tragedie della seconda guerra mondiale. Nel 1944 con l’avanzata americana possono poi ritornare a Roma e riprendere la vita normale, dedicandosi entrambi esclusivamente alla scrittura, la strada che vogliono intraprendere. Elsa darà luce al suo primo romanzo “Menzogna e sortilegio”, acclamatissimo, che le aprirà le porte del successo, mentre Moravia, più prolifico, sfornerà molti altri libri altrettanto valutati e dai quali verranno tratti pure dei film.
La rivalità, inevitabile, si insinua tra i due, che hanno ognuno la propria visione anche in merito al lavoro letterario: pur facendo entrambi parte del Neorealismo, Alberto è realista e concreto, socialmente impegnato, nelle sue storie, mentre Elsa, “un personaggio da tragedia, in perenne stato di furore”, come la definisce lui, non poteva che intessere i suoi scritti di un’atmosfera simbolica e sognante. Lei poi rifiutava, non sentendovisi a suo agio, i salotti borghesi che Moravia, borghese anch’egli d’origine, frequentava con sicurezza di sé e mondanità. Ma non erano solo queste motivazioni a separarli, erano soprattutto i loro caratteri difficili e antitetici, che portavano Alberto a comportarsi in modo libero e distaccato, compiendo spesso viaggi lontani e molteplici tradimenti, ed Elsa a vivere i suoi sentimenti con forza e cocciutaggine.
Nonostante l’autostima di cui cercava di convincersi, vedendo il suo riconoscimento in un mondo fatto solo di uomini (fu la prima scrittrice donna a vincere il Premio Strega con “L’isola di Arturo“!), la Morante era anche una donna fragile, bisognosa di conferme e di vicinanza.
Attaccati profondamente l’uno all’altra, ma rendendosi conto del male che aveva iniziato a provocare loro questo attaccamento, arrivarono a malincuore alla decisione di divorziare nel 1961, dopo 25 anni assieme. Si volgeranno entrambi ad altri compagni, che non saranno però mai definitivi, e che non impediranno ai due di telefonarsi sempre, di vedersi spesso in compagnia a casa di Elsa, di starsi accanto nei momenti difficili e di mantenere un rapporto di stima e di affetto per il resto dei loro giorni.
Chi li conobbe personalmente disse che, nonostante le incomprensioni, il loro rapporto non si esaurì mai: la stima professionale e un’inconsueta forma d’amore non abbandonò mai questi due grandi e tormentati autori. C’è un periodo del romanzo “L’isola di Arturo”, il capolavoro della Morante, che riassume il destino di questi amori grandi e sofferenti come il loro: “L’amore vero è così: non ha nessuno scopo e nessuna ragione, e non si sottomette a nessun potere fuorché alla grazia umana”.
Se volete conoscere a fondo la vicenda di Elsa e Alberto, from both sides, molto completa (anche di belle immagini) è la ricostruzione che ne ha fatto Anna Folli in “MoranteMoravia. Una storia d’amore”:
«Il mio sentimento per lui è sempre più grande, ma anche questo sentimento è una causa di dolori più che di gioie. Questo non importa; mi basterebbe potere io, dare un po’ di gioia a lui. Ma è molto difficile».
«Io non facevo parte della sua poetica ma mi amava e forse l’amore per lei era più importante della letteratura».